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IVA non versata per oltre due milioni e mezzo di euro. Il legale rappresentante di Telemarket ricorre. La condanna viene confermata.

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Secondo la dichiarazione annuale presentata, relativa all'anno di imposta 2010, l'IVA dovuta da Telemarket all'erario ammontava ad € 2.539.828, da versarsi entro il termine per versamento dell'acconto relativo al periodo d'imposta successivo. Il legale rappresentante, Signor F.F., provvedeva al versamento del solo acconto, sostenendo, poi, in giudizio, di essere stato impossibilitato - per cause di forza maggiore - a versare i due milioni e mezzo dovuti; di aver «dovuto preferire» il pagamento degli stipendi e salvaguardare la «continuità aziendale» dato il momento di crisi. Al momento della scadenza del termine per il pagamento dell'IVA, la società disponeva di una rimanenza di magazzino per oltre 86 milioni di euro, il cui smobilizzo avrebbe ampiamente consentito di assolvere al debito tributario. La Cassazione conferma la Condanna della Corte di Appello di Brescia ( 36643/2019 ) poiché « il ricorrente ha deliberatamente scelto di non smobilizzare, anch

Lei lo aveva denunciato. Poi, parzialmente ritrattato. Ora vorrebbe rimettere la querela e riallacciare la relazione; ma lui resta in carcere; in custodia cautelare​

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Lei lo aveva denunciato. Poi, parzialmente ritrattato. Ora vorrebbe rimettere la querela e riallacciare la relazione; ma lui resta in carcere; in custodia cautelare​ Il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Messina aveva pronunciato un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Caio, per i reati di cui agli artt. 612 bis c.p. ( Atti persecutorî ) - perchè costringeva la ex compagna Tizia a subire consistenti vessazioni fisiche e morali, minacce anche di morte - di cui anche all'art. 609 bis c.p. ( Violenza sessuale ), e da ultimo per i reati di cui agli artt. 576, 582, 585 c.p. ( Circostanze aggravanti. Ergastolo - Lesione personale - Circostanze aggravanti ) per averle cagionato lesioni aggravate al fine di compiere il reato di violenza sessuale. Contro detta Ordinanza - del 05.11.2018 - Caio aveva proposto ricorso al Tribunale del Riesame di Messina in data 17.12.2018 sostenuto da tre motivi: 1) Tizia avrebbe ritrattato - seppur parzia

Fino a 3 anni di reclusione per chi si “intrattiene” nella chat della partner – contro la volontà della stessa – anche se al fine di provarne l’adulterio; fingere di essere innamorati può invece costare fino a 5 anni di reclusione

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La Suprema Corte di Cassazione (Sentenza 34141/2019) ha «annullato con rinvio» la sentenza assolutoria della Corte d’Appello di Milano che aveva confermato la sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Monza, nei confronti del G.S. – imputato dei reati previsti e puniti dagli artt. 615   ter   e 616 c.p. ( Accesso abusivo ad un sistema informatico e telematico – Violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza ) con la reclusione fino a tre anni. Il G.S. aveva sostenuto di aver casualmente urtato contro il tavolo sul quale si trovava – acceso e bloccato – il computer della moglie; a seguito dell’urto, sul monitor erano quindi apparse le conversazioni di una chat Skype; conversazioni intrattenute dalla moglie con una terza persona, che avrebbero provato il di lei tradimento; tant’è che il G.S. avrebbe stampato pagine e pagine delle conversazioni, per poi produrle in un giudizio civile di separazione. A nulla sono quindi valse le «ragioni» del G.S.; intanto nel reclamar

Da oggi entra in vigore il «Codice Rosso»; “modifiche al Codice Penale, al Codice di Procedura Penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere”. Inasprimenti delle pene e introduzione di nuove fattispecie di reato

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La   Legge n. 69 del 19.07.2019, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 173 del 25.05.2019 , entra in vigore oggi, 09.08.2019, apportando alcune modifiche al Codice Penale ed a quello di Procedura Penale (e altre disposizioni in materia di tutela alle vittime di violenza domestica e di genere.). Quale impatto potranno avere queste modifiche, così come pensate e strutturate, è difficile a dirsi. Di certo, chiariscono ulteriormente la vaghezza della politica criminale che – di volta in volta – anima le «menti pensanti». Quelle che hanno concepito quest’ultimo testo, par di capire, se si è letto bene, che siano quelle di   Michelle Hunziker   (appartenente all’associazione “Doppia Difesa”),   Giulia Bongiorno   (Ministro della Pubblica Amministrazione) e   Alfonso Bonafede   (Ministro della Giustizia). Sostanzialmente, innalzamenti di pena – sia minima che massima – per reati già previsti e puniti dal Codice Penale. Per i colpevoli di  violenza sessuale   (art. 609-bis c.p.) la pena del

Stop alle chiamate insistenti dai call center – Reato contro l’ordine pubblico, previsto e punito dall’art. 660 C.P.

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Stop alle chiamate insistenti dai call center. La Corte di Cassazione ( s entenza n. 29292/2019  pubblicata il 04.07.2019 a seguito dell’udienza del 05.04.2019) ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dal legale rappresentante di una società di «recupero crediti» che era stato condannato dal Tribunale di Teramo alla pena di € 300 di ammenda ed al pagamento delle spese processuali, «perché responsabile del reato di molestia e disturbo alle persone»; reato previsto e punito dall’art. 660 del Codice Penale. Contestualmente, il ricorrente era stato condannato al risarcimento dei danni – da liquidarsi in separata sede – arrecati alla persona offesa, costituitasi parte civile, ed alla rifusione delle spese legali della medesima. Con la successiva sentenza, la Suprema Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed all’ammenda di € 3.000. Il legale rappresentante della società di recupero crediti è stato dunque ritenuto responsabile per le molestie t