Da oggi entra in vigore il «Codice Rosso»; “modifiche al Codice Penale, al Codice di Procedura Penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere”. Inasprimenti delle pene e introduzione di nuove fattispecie di reato

La Legge n. 69 del 19.07.2019, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 173 del 25.05.2019, entra in vigore oggi, 09.08.2019, apportando alcune modifiche al Codice Penale ed a quello di Procedura Penale (e altre disposizioni in materia di tutela alle vittime di violenza domestica e di genere.). Quale impatto potranno avere queste modifiche, così come pensate e strutturate, è difficile a dirsi. Di certo, chiariscono ulteriormente la vaghezza della politica criminale che – di volta in volta – anima le «menti pensanti». Quelle che hanno concepito quest’ultimo testo, par di capire, se si è letto bene, che siano quelle di Michelle Hunziker (appartenente all’associazione “Doppia Difesa”), Giulia Bongiorno (Ministro della Pubblica Amministrazione) e Alfonso Bonafede (Ministro della Giustizia). Sostanzialmente, innalzamenti di pena – sia minima che massima – per reati già previsti e puniti dal Codice Penale. Per i colpevoli di violenza sessuale (art. 609-bis c.p.) la pena della reclusione passa “da 5 a 10“, a “da 6 a 12 anni”; sanzione aumentata di un terzo qualora si incorra in una delle aggravanti previste dall’art. 609-ter. Per la violenza sessuale di gruppo (art. 609-octies c.p.) la pena della reclusione passa “da 6 a 12 anni” a “da 8 a 14“. Per i colpevoli del reato p.p. dell’art. 572 (Maltrattamenti contro familiari e conviventi) la pena della reclusione passa “da 2 a 6 anni” a “da 3 a 7“. Che cosa possa far pensare che l’aumento di un anno di pena – dal minimo al massino, lasciando la cornice edittale invariata – determini la riduzione di un certo genere di reati, è un mistero. Se invece si vuol dire che la vittima potrà sentirsi “più soddisfatta”  sapendo che il proprio aggressore sarà stato condannato a 6 anni invece che a 5 di reclusione … evidentemente non siamo d’accordo. Si è voluto tentare di agire anche sull’aspetto procedurale; per esempio introducendo la modifica dell’art. 347 cpp (Obbligo di riferire la notizia di reato) ove, ora, per i reati di cui sopra (più alcuni già previsti), la polizia giudiziaria dovrà riferire al pubblico ministero “immediatamente” invece che “senza ritardo” come per tutti gli altri reati. Semanticamente è difficile stabilire quanto tempo intercorra tra “immediatamente” e “senza ritardo”. Quale sarà la differenza che si determinerà nelle menti della polizia giudiziaria che dovranno riferire – ora – immediatamente, staremo a vedere. Nella speranza che il “significato” sia molto più incidente del “significante”. Per quanto attiene, invece, all’introduzione di nuove fattispecie di reato, non si può negare che – ancora una volta – questa moda di “aumentare” di numero gli articoli del Codice Penale, lascia più che perplessi. L’aver introdotto l’art. 612-ter cp (Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti – cosiddetto “revenge porn”) e l’art. 583-quinquies (Deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso) appare più che altro un’opera propagandistica sull’onda del giusto risentimento sociale, ben potendosi agire sulle aggravanti di fattispecie di reato già previste e punite dal Codice Penale.


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